«La biro è la pista di decollo delle parole». È cominciata con questa frase la storia della mia pagina Instagram @piccolepoesie_andrea, un anno fa. Posso dire di scrivere da “quasi sempre” e, quando la consapevolezza di riuscire a trasmettere qualcosa con le parole scritte si è fatta più forte, ho deciso di aprire una pagina social per condividere, senza pretese, i miei scritti con amici e lettori.
Piccole poesie raccoglie componimenti brevi (almeno questa era l’intenzione iniziale) pur sottostando alla “soggettività della brevità”. In fondo, breve, che cosa vuol dire? Ognuno percepisce la poesia, inclusa la sua lunghezza, come vuole, come si sente nel momento in cui la legge. Su una cosa, però, sono certo e sicuramente “più oggettivo”. Le parole, anche se scritte in inchiostro digitale sul touch-screen di un telefonino, arrivano diritte dove possono, e devono, arrivare.
Vocali e consonanti unite è come se fossero piccoli aeroplani dove ciascuno, nella stiva, custodisce significati e sfumature. “Parole con il paracadute” pronte a lanciarsi, che cadono a terra (il cuore e la mente del lettore) quando il portellone sottostante al velivolo si apre. Tutto questo meraviglioso processo, sia esso breve, piccolo, lungo, grande… è tracciato dalla biro, dal dito sullo schermo.
Prende forma una sorta di pista che guida il volo dal principio alla fine spingendo “su, su e sempre più su” gli aeroplani e le parole, i sensi e le sfumature fin quasi “spaziali”. Prevedere il punto in cui vi sarà la caduta, la “pioggia di significati” è quasi impossibile. Non tutto è prevedibile e, anzi, niente lo è in fin dei conti. La poesia è imprevedibilità. È interpretazione. È stupore. Se ci fosse una legge per estrapolarne tutti i significati, matematicamente e prevedibilmente, i poeti non avrebbero gusto a comporre e quest’arte si sarebbe già spenta da tempo.
Vi aspetto sul mio canale se vi va mentre io, pian piano in questo blog, cercherò di scrivere uscendo dagli schemi della poesia per entrare in una fase più “prosastica”.
